Installazione collettiva sul tema degli sconfinamenti al Festival "Architettura in Città" a Torino
La costruzione di questo spazio interno equivale ad un vero e proprio “far vuoto”.
Tutto lo spazio è concentrato su quel taglio attraverso il quale la luce dei giorni e delle stagioni, misura riti e preghiere, o i semplici atti quotidiani.
Il disco del sole vi rimane per un attimo sospeso nell’ora antica del mezzodì: il fragore del temporale v’irrompe con la luce del lampo e lo scroscio della pioggia; nelle sere di plenilunio ombre ancora più nette si stagliano.
Ma se si cambia la prospettiva, si cambia la percezione: non più finestra ma limite, non più apertura ma recinto.
Pareti a specchio ripiegano lo sguardo all’indietro trasformando lo spazio in un luogo minimo dell’anima.
Corde tese si sovrappongono alle strisce dell’animale, quasi attraversandolo.
L’illusione è mistero e di pari passo la misura, ma non la misura del mistero.
“Per sempre hai richiuso qualche porta e c’è uno specchio che ti attende invano; il crocevia ti sembra aperto e lo vigila il quadrifronte Giano”. Jorge Luis Borges